venerdì 8 luglio 2011

Chi ha gli alunni più belli del mondo?

IO.
Dispiace per gli altri.

venerdì 20 maggio 2011

Confusione

Lorenzo legge: 
Il verbo to be si usa in espressioni che in italiano vengono rese col verbo avere. Esempio: to be hungry, to be thirsty, to be afraid of, to be hot, to be cold = aver fame, aver sete, aver paura di, avere caldo, avere freddo
E però, quando arriva a leggere aver fame, pronuncia aver  /feɪm/. Poi scoppia subito a ridere, si dà una pacca in testa e annuncia: "Sono intossicato dall'inglese".

domenica 15 maggio 2011

myGiffoni

Oggi è l'ultimo giorno per votare i cortometraggi degli studenti in gara per l'edizione 2011 myGiffoni
Sono andata a vedere e votare il video degli studenti di una mia carissima collega: si tratta del beckettiano Giorni felici (primo a sinistra della sesta fila dall'alto) e non stento a credere che l'esperienza di fare letteratura attraverso questo mezzo espressivo è stata molto gradita da tutti coloro che hanno partecipato al progetto. 
I video in gara sono moltissimi, sarebbe bello riuscire a vederli tutti! Io ci provo, mi sa. Oltretutto oggi piove...

venerdì 25 marzo 2011

Perché vi dico "Trattatevi bene, tra voi!"

In classe sono poche le cose su cui non transigo: una di queste è il modo in cui i miei alunni si rivolgono l'uno con l'altro. Specialmente nelle classi in cui i ragazzi erano in maggioranza, mi è capitato spesso di insistere sul fatto che non volevo in nessun modo che parlando cercassero di coprire la voce degli altri e soprattutto che si rivolgessero l'uno con l'altro con espressioni come "Taci, scemo", "Stai zitto, tanto non capisci niente". 
Molte volte sono stata guardata con sincera incredulità: "Ma profe, si fa per scherzare! Vedrà, ci si conosce dall'asilo, lui lo sa che non lo penso davvero che è scemo". 
Il punto, ho spiegato tante e tante volte, è che in classe si fanno esperimenti di comunità. 
Se non ti comporti con rispetto in classe, come fai a comportarti bene in campo, in campeggio, al bar dove lavori d'estate, tra i banchi dell'università che frequenterai/nel cantiere o nell'ufficio dove lavorerai dopo il diploma? 
E' come una palestra, la scuola: se impari a trattare bene gli altri ora che non hai neanche 18 anni, vedrai che non te lo scordi più, e non ti verrà mai spontaneo rivolgerti a qualcun'altro con simpatici epiteti riferiti a razza, orientamento sessuale/politico/religioso e chi più ne ha più ne metta.
Daria Bignardi non avrebbe saputo spiegarlo meglio, 
magari stampo il tutto (anzi, strappo la pagina di Vanity che ho sul comodino) e me lo metto nell'agenda.

sabato 12 marzo 2011

La cultura smantellata


Paola Mastrocola parla di come l'evoluzione (involuzione?) della scuola e della cultura 
stiano procedendo di pari passo. 
Che ne pensate? 
Per voi è ancora importante la scuola? 
A cosa serve la cultura?

mercoledì 9 marzo 2011

Cum grano salis

Un interessante articolo sull'uso dei termini che l'italiano ha preso in prestito dalle lingue straniere. 
Buona lettura!

giovedì 24 febbraio 2011

I bimbi e il tg

La profe: - Hai presente quando al tg dicono...
G (10 anni, piglio deciso): - No, io non lo guardo il tg
La profe: - Ok, ma avrai sentito dire qualche volta che...
G (piglio ancora più deciso): - Nooooo, io il tg non lo guardo. La maestra vuole che lo guardiamo, ma mamma dice che poi mi spavento e mi intristisco e allora quando siamo a tavola se inizia il telegiornale cambia subito canale.

Ecco, parliamone: quando avevo 10 anni e tutti all'ora di cena guardavano I Ragazzi della III C io ricordo che il tg me lo dovevo calare a forza, perché per nessun motivo a tavola si poteva guardare qualcos'altro mentre c'era la possibilità di vedere anche solo un minuto di un qualsiasi tg. Sono diventata triste e spaventata nella misura in cui anche anche i miei coetanei che guardavano I Ragazzi della III C lo sono diventati. Per me e per loro ci sono state le stesse possibilità che ci cadessero in testa le Torri Gemelle, che ci rapissero e spedissero a casa un orecchio, che ci bucassimo, che diventassimo parte delle "stragi del sabato sera". Eppure, continuo a non capire cosa mi sfugge (e mi turba) nell'enunciato candido (e un po' rabbioso: forse lei lo vorrebbe vedere, il tg?) della piccola G. Il bisogno che adesso la maestra debba assegnare come compitino la visione del tg, giusto per iniziare a capire da che parte del globo viviamo? Il terrore della mamma che cambia canale precipitosamente affinché davanti agli occhi della bimba non scorra davanti neanche un'immagine spiacevole? Non so, non so. L'infanzia è un groviglio, e chi se ne occupa spesso di aggroviglia...

domenica 20 febbraio 2011

Massimo Gramellini agli insegnanti

Vale per i giornalisti un insegnamento che sono certo rivolgerete spesso ai vostri studenti. A me lo impartì un grande intellettuale scomparso all'inizio del 2010, Beniamino Placido. "Il bravo giornalista è quello che sa scrivere in modo pesante le cose leggere e in modo leggero le cose pesanti." Già. Perché anche un pettegolezzo di vip può contenere una grande lezione di vita. Così come un arido tabulato del Ministero dell'Economia e delle Finanze può essere tradotto in una narrazione avvincente. Scusate se insisto su questo punto, ma spesso è proprio a scuola che ci convinciamo dell'idea, sbagliatissima, che le cose serie debbono essere per forza trattate in modo noioso e che il sorriso, la leggerezza, l'anticonformismo tolgano autorevolezza e prestigio a chi ne fa uso. Sarebbe bello, invece, se fin dai banchi del liceo si imparasse a leggere e scrivere con levità, così da associare lo studio e l'informazione all'idea di un piacere. D'altronde il bravo insegnante e il bravo giornalista sono tali proprio perché riescono a rendere appassionanti le cose difficili. Io non ricordo i libri di testo della mia adolescenza, ma non ho mai dimenticato chi me li seppe illustrare in un certo modo. Così come ricordo il giornalista che ha saputo guidarmi dentro mondi a me ignoti e meritarsi la mia fiducia. Troppo spesso chi tiene in mano i cordoni della borsa si dimentica che la scuola e il giornale non sono fatti di numeri, ma di persone. Un buon liceo e un buon quotidiano dipendono anzitutto dalla qualità e dall'umanità di chi vi lavora ogni giorno.
                                       Massimo Gramellini, vicedirettore de La Stampa 
da Il quotidiano in classe, La nuova Italia.